Stasera ho parlato di me.
Dei miei vent’anni quando si bevevano cocktail senza la parola mixology, di albe tante quanti i tramonti, di voli presi per scoprire, per amore e poi per fuggire.
Di rum e pera e di tequila da perderne il conto, di lacrime quelle che ti spezzano in due e ti lasciano a terra, di rinascite e di tatuaggi per ricordarti che certe cose non cambieranno mai.
Di bugie dette per amore, quello folle senza rancori nè spiegazioni, di carezze e mani forti che avrebbero dovuto non lasciarti mai.
Del coraggio e di quell’unica volta che doveva essere dimostrato, e poi del destino che trasforma ogni cosa e di quell’unico incontro che é riuscito a far dimenticare tutto, o quasi.
Dentro l’ombra e l’anima.
In quel luogo solo mio, e mio soltanto.
In quei brividi che ti corrono e ricorrono dentro, fino alle ossa più malconce.
Ognuno di noi ha una storia, una ferita o forse cento. Scolpita, indelebile da qualche parte ma c’è.
E ritorna, quando meno te l’aspetti, in momenti improbabili, o forse no, perché poi ricordi che quel tuffo nel passato era legato a qualcosa di importante. Una splendida creatura.